(Nuoro, 1883 – Cagliari, 1949)
L’artista nuorese Francesco Ciusa è senza dubbio il protagonista indiscusso del primo ventennio del XX secolo nel campo della scultura, ed esordisce sulla scena italiana con La madre dell’ucciso, un’opera con la quale riscuote un grande successo alla Biennale di Venezia nel 1907.
L’opera ben dimostra una vicinanza alle modalità stilistiche e compositive della scultura di orientamento verista della seconda metà dell’Ottocento, ma Ciusa intende trasporla in un contesto isolano, con accenti autonomi che intendono scavare nella tradizione per coglierne i significati più profondi. Sulla scia del successo veneziano, lo scultore prosegue nella rappresentazione di soggetti tratti dalla realtà quotidiana del mondo barbaricino, immagini assimilate e metabolizzate in gioventù, portando avanti il discorso di “scavo nella tradizione”, sia pure con una maggiore virata verso il Simbolismo.
Alla notorietà raggiunta con altre importanti sculture coeve alla Madre, come ad esempio Il pane (1907), seguirà un’accoglienza più fredda per le opere successive. Di qui in avanti, pur con alcuni ripensamenti lungo il suo percorso artistico, Ciusa si avvicinerà sempre più al Liberty e al Déco, e ad artisti votati ad una stilizzazione giocata sulla linea come il milanese Adolfo Wildt, fino a pervenire ad esiti di sintesi estrema e di asciutto linearismo.