(Nuoro, 1864 – Sassari, 1932)
Antonio Ballero nasce a Nuoro il 16 settembre del 1864 dal nobile Pietro e da Giuseppina Sotgiu. Una volta terminati gli studi classici a Cagliari, nel 1886 scrive Don Zua e Vergini bionde. Nonostante sia autodidatta, insegna disegno in diverse scuole tra cui a Nuoro, a Messina e infine a Sassari dove si stabilisce dopo il matrimonio con la faentina Ofelia Verzelloni, anche lei pittrice ed insegnante, di trent’anni più giovane.
Nel 1896 partecipa con due dipinti ad una mostra collettiva di artisti sardi a Sassari, e nel 1902 visita a Torino l’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna e nel 1903 la Biennale di Venezia. Qui conosce l’artista Giuseppe Pellizza da Volpedo, con il quale manterrà un rapporto epistolare. Nello stesso anno un suo autoritratto di piccole dimensioni è stato esposto a Genova in una mostra della Società Promotrice di Belle Arti, e negli anni seguenti i suoi dipinti sono stati esposti ancora a Genova, a Firenze, a Napoli, a Cagliari, a Milano e a Torino. In quest’ultima città partecipa alla Quadriennale del 1908 con il quadro Autoritratto al sole, uno dei più conosciuti perché è stato pubblicato da Sonzogno nella Grande Enciclopedia Popolare, e poi a quelle del 1917 e del 1923.
Immagini dei suoi lavori sono state pubblicate anche da Vittorio Alinari nel suo reportage In Sardegna, dalla Società Editoriale Italiana nel volume La vita rustica della Sardegna rispecchiata nella sua lingua di Max Leopold Wagner e da alcune riviste quali La Cultura Moderna della Vallardi e L’illustrazione italiana. La sua arte pittorica, improntata alla tradizione, subisce l’influenza di Pellizza da Volpedo e per un certo periodo aderisce alla corrente divisionista, e conosce inoltre i pittori costumbristi spagnoli che soggiornarono ad Atzara. I soggetti dei suoi quadri, oltre ai paesaggi della Barbagia, sono spesso scene di genere folklorico, pastori, donne in costume, riti popolari.
Appassionato di fotografia, cattura con l’obiettivo le immagini che poi in studio rielabora sulla tela. Oltre ai dipinti ad olio e ad acquerello, il suo talento si esprime ancor meglio nei disegni in bianco e nero che realizza a china con un intreccio di linee definito “a ghirigoro” e che sigla con un ragnetto pendulo al termine della sua firma. A partire dal 1924, Ballero riscopre la tecnica del monotipo, realizzando immagini a colori puri e tenui. Muore all’età di sessantasette anni a Sassari.