Costituite entro l’XI secolo le arcidiocesi dell’Isola, si rese necessario anche per Oristàno, nuova capitale del regno o giudicato d’Arborèa, edificare la Cattedrale e il palazzo arcivescovile.
Per l’occasione vennero realizzati questi plutei marmorei, datati fine dell’XI - inizi del XII secolo, che fungevano da cancello presbiteriale della chiesa in origine romanica, separando lo spazio destinato al clero dal resto dell’aula.
Nel PLUTEO CON DANIELE NELLA FOSSA DEI LEONI sono raffigurati in maniera dettagliata gli eventi che si susseguono nell’episodio biblico della condanna del profeta Daniele alla fossa dei leoni, raccolti in un unico spazio narrativo. a sinistra, il personaggio armato di spada (Dan. 14,27-37), personificazione del popolo babilonese che deportò il popolo ebraico, obbliga il re Ciro, provvisto di corona e scettro, a condannare suo malgrado Daniele alla fossa dei leoni. Il profeta Daniele è al centro, nimbato e affiancato da sette leoni tre dei quali però appaiono mansueti e non intenzionati a sbranarlo. Egli si rivolge al personaggio sulla destra, il profeta Abacuc che giunge in Caldea per recargli il cibo che si apprestava a portare ai mietitori. Abacuc è trasportato in volo da un angelo, ma la figura si è persa nel momento in cui la lastra è stata ridotta lungo il margine destro. Il tralcio di vite che si frappone tra Daniele e Abacuc assieme al pane rappresentano un chiaro simbolo eucaristico.
La cattedra su cui idealmente è assiso Daniele gli conferisce una posizione regale così che da condannato e giudicato, viene costituito da Dio giudice della storia.
Mentre nel secondo pluteo CON LEONI CHE TRATTENGONO VITELLI, le fiere non sembrano ghermire con ferocia le loro prede e ciò suggerirebbe una rilettura dell’immagine in chiave messianica, seguendo le parole del passo di Isaia 11,6: “Il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà”. I plutei furono smembrati durante i lavori di ristrutturazione della Cattedrale nel XIV secolo e i due marmi furono nuovamente scolpiti sul retro per il nuovo altare gotico della Cappella del Rimedio.
La coppia di picchiotti bronzei con protome leonina del portale principale della cattedrale medievale demolita al momento della ristrutturazione settecentesca, sono testimonianza della ristrutturazione che la Cattedrale subì a seguito dell’invasione del Giudice di Cagliari Guglielmo di Massa che mise a ferro a fuoco la città di Aristanis. La preziosa iscrizione che corre lungo il bordo di entrambi i picchiotti riporta l’anno 1228, i nomi dei committenti dei lavori, l’arcivescovo Torgotorio de Muro e il giudice Mariano II di Torres (che in quel momento reggeva il giudicato d’Arborea) condotti sotto la direzione del maestro fonditore Placentinus.
Sono presenti, inoltre, capitelli di spoglio, provenienti sempre dalla cattedrale, e una serie di frammenti scultorei databili al XIII sec. Il grande capitello è uno dei due superstiti di stile composito risalenti al II-III secolo d. C., sottratti a qualche edificio romano e recuperati in Età Medievale; l’altro capitello è l’unico superstite di età romanica, realizzato ex-novo per la Cattedrale del XII secolo.
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