10 marzo – 29 aprile 2018
Una delle ultime protagoniste del Novecento sardo, Liliana Cano – tra le poche donne in un panorama dominato dalla presenza maschile – ha affrontato nella sua vasta produzione artistica i temi legati all’umanità sotto un ampio profilo antropologico. Maestra di tecniche e stili diversi, ha insegnato in varie scuole italiane e si è formata nell’ambito dell’Associazione degli Artisti Sassaresi, esponendo in tutto il mondo. In questa mostra, vengono proposte le opere dedicate alla storia di Cristo, dei santi e in particolar modo di Francesco d’Assisi.
La mostra è stata curata da Antonello Carboni e Silvia Oppo.
Liliana Cano e l’esasperazione del colore.
Timida, sognatrice ed eterna viaggiatrice, esprime il proprio sentimento per l’arte pittorica sempre in modo
rigoroso e riflessivo. Le opere della Cano spesso raccontano di donne che si perdono, viaggiano, sognano,
faticano, ma che alla fine si ritrovano, gioiose e vincenti. L’artista affronta i temi legati all’Umanità e nutre
una particolare predilezione per l’antropologia che nell’arco della sua vasta produzione ha declinato
attraverso stili e tecniche diversi. Dipinge rapidamente, e con maestria, su tele sia di piccolo che grande
formato, lo ha fatto in chiave simbolista, espressionista per poi approdare negli anni ‘70 a un tonalismo che
esaspera l’uso del colore fino a restituirne dell’opera una dimensione quasi monocroma. Nel suo percorso
artistico non sempre lineare ritroviamo suggeriti diversi influssi dei grandi Maestri dell’arte, non solo
internazionali ma anche sardi, per esempio De Pisis, Cezanne, Rosai, Delitala, Ruju, Meledina, Permeke e
soprattutto Aligi Sassu con i suoi uomini rossi. Liliana Cano non ha mai abbandonato la sua passione per il
disegno, che strutturò con il suo maestro Domenico Valinotti durante il suo corso di studi presso la Scuola
d’Arte dell’Accademia Albertina di Torino. Giovanissima, inizia ad insegnare in diverse scuole piemontesi,
per poi giungere sfollata in Sardegna. Incontra Spada, Piu, Settimio Sassu, Magnani e Meledina, con i quali
condividerà l’appartenenza all’Associazione degli artisti sassaresi e parteciperà a diverse collettive e
personali raggiungendo importanti traguardi e premi. Unica donna artista in mezzo a una moltitudine di
uomini ha sempre lottato, sofferto ma anche conquistato un ruolo di primo piano nella pittura sarda e non.
L’utilizzo in primis del disegno sulla tavola per definire il contorno delle figure, a mezzo del carboncino o
dell’acrilico, oppure il ritaglio della forma e in seguito il segno grafico a contorno della stessa, restituiscono
il tratto segnico inconfondibile di un’artista che è costantemente in divenire. L’attenzione che rivela per la
figura, per il segno e per la scelta del colore, deciso, univoco, significante, la porta spesso ad una soluzione
cromatica evidentemente antinaturalistica, ed è sempre il frutto di una percezione ed interpretazione del
mondo, della sua Weltaschauung, che ne costituisce la ormai netta, consolidata e inconfondibile cifra
stilistica.
Da credente qual è, la professoressa Cano, memore dell’insegnamento di Don Mario Carena, fratello del più
illustre Felice, ha fatto suo il pensiero “non l’arte per l’arte ma l’arte per la vita.