La dimensione narrativa di Igino Panzino rappresenta la sintesi di un percorso di ricerca gnoseologico che si esprime sia attraverso forme geometriche afferenti ad un mondo iconografico neoplastico e costruttivista, sia attraverso “teatrini” realizzati con cartoncini ritagliati, la cui peculiarità è l’introduzione del caso come elemento rilevante. La fusione di questi due linguaggi restituisce al visitatore un racconto costituito da Stazioni, ovvero degli episodi che l’artista ha esperito nel corso della sua poetica e che compendia nelle opere come occasioni di riflessione. Gli assemblage di Panzino, realizzati con una apparente noncuranza, annullano la volontà dell’esecuzione pittorica e della funzione del disegno per lasciare spazio agli schemi grafici che la carta ritagliata porta con se. I suoi linguaggi evidenziano spesso l’arbitrarietà della composizione, affidata alla contingenza, che si manifesta per esempio attraverso scatole di plexiglass ricolme di oggetti raccolti dalla strada. Panzino celebra la capacità dell’uomo di saper cogliere il non visto, la disattenzione, la serialità delle forme come espressione della produzione collettiva. Monumentalizza gli imprevisti, necessari per compiere il cammino, sacralizza la piuma quale strumento di scrittura delle infinite probabilità. Strutture modulari che si sviluppano nel limite della planarità di una superficie bianca assumono la profondità cartesiana per sottolineare che non esiste solo l’uomo a una dimensione
La ricerca di conoscenza dell’artista è vorace e viene praticata per mezzo di un esercizio dialettico tra realtà e conosciuto che non può terminare in una aporia, ma deve essere foriero di soluzioni e generare un dibattito attorno all’arte quale impegno sociale e strumento politico per affrontare la crisi della modernità.
Antonello Carboni, Silvia M.R. Oppo